“L’ora di tutti” è il quarto lavoro in studio dei salentini Muffx, uscito per Blackwidow records. La band guidata dal cantante e chitarrista Luigi Bruno (leader della Mediterranean Psychedelic Orkestra, fondatore del Collettivo Sbam e della Ill Sun Records e ideatore della Sagra del Diavolo) e completata da Alberto Ria (batteria), Mauro Tre (tastiere e synth) e Ilario Suppressa (basso), propone un concept album strumentale liberamente ispirato all’omonimo romanzo (uscito nel 1962 per Bompiani) di Maria Corti ambientato durante l’invasione Turca nel 1480 a Otranto. Registrato interamente in presa diretta al Go Down Studio a Savignano sul Rubicone (Emilia Romagna), mixato da Alberto Callegari all’Elfo Studio di Piacenza e masterizzato dal produttore Riccardo Rinaldi all’Ohm Guru Studio di Bologna, l’album rispetta le radici compositive della band: cavalcate energiche, riff magniloquenti, aperture psichedeliche, tempi dispari e fascinazioni cinematografiche. A differenza dei lavori precedenti è strutturato in una suite composta da quattro brani strumentali – Un’alba come tante, Vengono dal mare, Ottocento e Bernabei (tutti della durata di circa dieci minuti) – suonati dal vivo in studio senza interruzioni o aggiustamenti postumi. Sanguigno, crudo, rispecchia pienamente la dimensione live della band che va dritta al sodo senza fronzoli o forzatura. Il sound richiama volutamente le atmosfere progressive rock italiane degli albori, come a voler omaggiare le band dalle quali prendono ispirazione come: Goblin, Caravan, Le Orme, Biglietto Per L’inferno.
Avete tirato fuori un disco tanto difficile da catalogare quanto accattivante. Come mai questa scelta?
Abbiamo accantonato il disco precedente, Nocturno, per vicende personali (anche se a breve vedrà la luce) e siccome non ci andava di stare fermi e la voglia di confrontarci con una realtà musicale prettamente strumentale ci girava in testa da anni ne abbiamo approfittato per dare libero sfogo a questa esigenza.
Nella vostra carriera artistica avete attuato un’evoluzione stilistica per quanto riguarda la stesura, scrivendo prima in inglese, poi in italiano ed ora vi esprimete solo con il linguaggio della musica. Credete che sia un passaggio necessario e molto più eloquente in un’epoca in cui tutti posso “dire” ma non sempre sanno farlo?
Crediamo che vanno fatte le cose che si sentono di dover fare, tutto qui. Il prossimo album sarà nuovamente cantato e in italiano (anche se saranno presenti molte parti strumentali), contemporaneamente stiamo anche lavorando ad un nuovo concept interamente strumentale… alcune cose vanno raccontate con le parole, per altre basta solo la musica, non ci diamo regole e schemi perché rischieremmo di annoiarci.
“L’Ora di Tutti” è un album che presenta molte collaborazioni con vari ospiti che hanno contribuito alla creazione di questo disco. Quale criterio avete utilizzato per la scelta di essi? La resa che avete ottenuto grazie a queste collaborazioni è stata quella che immaginavate?
La resa è stata quella che ci aspettavamo. Abbiamo pensato a questo album come ad una colonna sonora di un film che non è mai uscito, cercando di creare momenti evocativi e suggestivi, abbiamo scelto le parole ( in turco) di N. Hikmet in alcune parti dell’album e ci serviva un turco per questo… così come il sound ‘antico’ siamo andati a ricercarlo in studi di registrazione dediti a questo tipo di sound.
La vostra musica sfugge da ogni parametro che possa etichettarla, ma sicuramente rientra nel rock d’autore e il progressive delle origini, un genere che purtroppo nel Salento non trova il giusto merito. Come avete affrontato le questione nel corso della vostra carriera?
In tutta sincerità, fregandocene.
Giovedì 26 luglio
Ostello del Sole
San Cataldo di Lecce
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(intervista a cura di Cristiana Francioso)